Sebastian era un ragazzo quando ha lasciato Catania e la famiglia per fare il clown e l’artista di strada. Una scelta difficile. Nella Sicilia di fine anni ’70, per una parte della popolazione, uscire dall’ordine familiare era ancora percepito come presagio di sventure. Cresciuto in una famiglia patriarcale, la disobbedienza di Sebastian scalfiva l’autorità paterna e scuoteva la base della famiglia.
Fare l’artista voleva dire, inoltre, mettere in dubbio la virilità. La famiglia sarebbe stata derisa. Un figlio con la mania per l’arte, per il teatro, per la musica, era puppo (omosessuale).
Per il padre, Sebastian aveva solo due possibilità: rientrare nei ranghi o esserne escluso. Per Sebastian ne esisteva una sola: ribellarsi a questa visione claustrofobica della vita. Sebastian ha deciso di cavarsela da solo, di andare via, in nord Europa.
Nella società contemporanea fare delle scelte non omologanti è molto difficile. Non so quanto oggi sia possibile essere padroni del proprio destino e vivere senza condizionamenti sociali e familiari. A 50 anni è un artista poliedrico dalle mille risorse: musicista, attore, clown, scenografo, liutaio, artigiano. In continua ricerca ed evoluzione, lavora a progetti sociali dedicati ai bambini e ai giovani. Vive a Roma e si sente libero.
Nel tempo ha trasformato le ferite in risorse. Si è lasciato dietro vite e ne ha costruite altre, continuando a fare ciò che gli riesce meglio: non smettere di sognare e di far sognare.
“La strada di Sebastian” è un lavoro sul riscatto personale di un uomo.